lunedì 31 dicembre 2018

Rosa fresca aulentissima


Un buon inizio 2019 letterario, un buon romanzo giallo, che ho già letto e che merita. Enea Biumi: uno scrittore appartato, da scoprire.

2018 in blog

                                                                                              ph carlozanzi


So che molti amici leggono i miei post sul blog, che curo dal 2007. Ciò mi tiene compagnia. Mi rende felice. Ho scelto per chiudere il 2018 una foto della mia amata Varese, la città, il territorio più bello del mondo. Molte volte parlo di me, evidenziando tracce di narcisismo, mi confido, mi espongo. Spesso però parlo di altri, di eventi che animano la vita cittadina, soprattutto quella culturale. Ho la pretesa di giudicarmi poeta e pubblico anche poesie. E foto. Auguro a tutti voi il meglio, la pace interiore, momenti di felicità e forza per superare la tristezza.   

domenica 30 dicembre 2018

Pesaro-OJM: 78-98


Avevo promosticato, a metà gara, che sarebbe stata dura, e invece no: Varese nel terzo quarto parte alla grande, pim-pum-pam, rimbalzi, palle recuperate, due triple di Moore di fila, bene Salumu, bene Avramovic, Scrubb in scioltezza...insomma, Pesaro annega, 44-63, un parziale di 14-2 per noi, addirittura 57-77 alla fine del quarto, e la partita è chiusa. Anche perché Mccree e soci non ci mettono l'anima e al rientro per l'ultima fatica appaiono già a capo chino, quindi Varese gestisce con tranquillità, dando molto spazio a Iannuzzi, che non sfigura, con un Avra che arriva a 23 punti e finisce 78-98. Venezia perde quindi siamo secondi con i veneti, Cremona e Avellino. Finali di Coppa Italia assicurate...meglio di così!
Forza Varese! 

Pesaro-OJM: 42-49 a metà gara


Cerchiamo la vittoria a Pesaro per garantirci le final eight di Coppa Italia, ma Pesaro ha il coltello fra i denti, arriva da quattro sconfitte consecutive e vuole assolutamente la vittoria, ben guidato in panca dal varesino Cedro Galli. Varese parte bene, convinta, senza tema per il fattore campo, e va avanti 1-10. Pesaro però risale la china e il primo quarto finisce 22-25. Pesaro pareggia 25-25, guidata dal talentuoso Mccree, mentre Varese regge bene, buone le percentuali dei tiri, sia di qua che di là, Varese costruisce meglio, prende più rimbalzi, perde meno palle e domina negli assist, ecco perché andiamo a sciacquarci la faccia a metà partita davanti: 42-49. Ma sarà dura....come sempre, del resto.
Forza Varese! 

Super Sci Nordico


Grande prestazione di squadra dello Sci Nordico Varese oggi sulla pista di Riale.

Foglie

                                                                             ph carlozanzi




FOGLIE
di carlozanzi

Le foglie scappano inseguite dal vento,
foglie ramate di castagni e di faggi;
le guardo, cammino a passo lento,
il sole soffia timido i suoi raggi.

Capriole nell’aria, confusione,
il vento le raggiunge e poi si quieta,
ferme le foglie, è indetta una riunione,
occorre l’indirizzo della meta.

Il progetto è fuggire, il vento soffia,
ci gioca e le tiene nel mirino,
affannate al confine della via,
rotolando si arrendono al destino.

30 dicembre 2018

Sci con Ric



Oggi, domenica 30 dicembre, è iniziata la mia stagione sciistica. Avrei preferito Brinzio, ma Cunardo è pur sempre una valida alternativa. Un anello di 1200 metri, per ora, sperando nel freddo e -chissà- in una bella nevicata. Naturalmente non poteva mancare il mio amico Ric, il pirata del Brinzio, che se la cava molto bene anche a Cunardo (si noti il suo pattinato di buona tecnica). 

sabato 29 dicembre 2018

Sesso: nove mesi in due minuti


Sono molto legato a questa foto, che mi ritrae con tre campioni del ciclismo, più un grande amico sportivo. Da sinistra: Vittorio Adorni, il sottoscritto, Sandro Stocchetti, Francesco Moser e Gianni Motta. Siamo a Gavi, nella villa di Mister Shimano, alias Amedeo Colombo. Perché pubblico questa foto? Perché sto leggendo il libro di Davide De Zan (figlio del mitico Adriano) 'In fuga' (Piemme), storie di avventure ciclistiche. Si narra anche del sacrificio sessuale di Vittorio Adorni, nel 1968. Seguendo i consigli dei suoi tecnici, assai balzani (meglio astenersi dal sesso, per ottenere risultati migliori), aveva fatto rinuncia assoluta per ben nove mesi, sino alla clamorosa vittoria ai Mondiali di Imola, a settembre. Così termina il gustoso capitoletto, il finale di quella giornata memorabile: "...E così, quando finalmente se ne andarono via tutti, dissi a mia moglie Vitaliana -Amore, sono qui-. Avevo affrontato nove mesi di astinenza totale, un record assoluto che mai più avrei voluto ritoccare. Ora finalmente stava per scoccare il momento fatidico. Il nostro momento. E' stato bellissimo. E mi vergogno un po' a dirlo, ma dopo tutto quel tempo di attesa l'amore sarà durato sì e no due minuti..."

venerdì 28 dicembre 2018

Christmas all around

                                                                                            ph carlozanzi


Da molti anni ormai Fausto Caravati porta a Varese il suo amore per il canto corale, elisir di lunga vita per la salute psicofisica, a ogni età. La sua Accademia Solevoci (www.accademia.solevoci.it) è un laboratorio di benessere, aperto a tutti, con maestri qualificati, niente spazio all'improvvisazione. Per il 17° anno si è svolto il Christmas All Around, concerto di Natale di musica Gospel, ingresso libero in basilica San Vittore (che era stracolma) ed emozioni assicurate. Si sono esibiti (tutti frutto dell'Accademia) i piccolini del coro Blooming Kids, diretti da Francesca Sangalli, i due laboratori (Lab 1 e Lab 2), diretti dal mio ex alunno Riccardo Guidotti, e il Greensleeves Gospel Choir, diretto da Fausto Caravati. Infine i quattro cori si sono uniti, per il gran finale, un Oh happy day che ha coinvolto anche il pubblico. 
Giorno felice quando la musica è questa. 

Dede


Non conoscevo Daniele Belardinelli detto Dede, il tifoso varesino morto prima della partita a San Siro Inter-Napoli. Faceva parte, anzi era uno dei capi della frangia più 'vivace' degli ultras varesini, che seguono il Varese calcio, il basket e (non lo sapevo) anche l'Inter, gemellati con gli ultras nerazzurri. Seguo il basket, la curva a volte è davvero da applaudire per il sostegno, la tenacia, la potenza dei cori, altre volte ammetto che mi fanno innervosire, quando usano parolacce, minacce, imprecazioni. Caratterialmente non sono certo un ultras. Ma stiamo all'uomo di 39 anni, che è morto sull'asfalto di Milano. Il dramma che ha colpito lui, sua moglie, i suoi figli, i suoi parenti, i suoi amici non può lasciarmi indifferente. Sono vicino con parole non mie ma di suo zio, il poeta Umberto:

Angeli o demoni la morte non cernisce,
quando per noi figli della meraviglia e del disastro
la vita tace e si assopisce nel suo tempo.
La moltitudine ti morde e ti accarezza,
i nuovi giudici del sonno non hanno il dono della giovinezza
quando nelle parole confondono preghiere ed anatemi,
dimenticando ciò che la morte assolve.
Ma chi ti ama non ti dimentica,
perché tu sei per noi
ciò che il dolore è per le lacrime.  

giovedì 27 dicembre 2018

Droni e Tor


Ieri mattina sul piazzale del Sacro Monte un padre stava educando il giovane figlio all'uso di un piccolo drone, regalo portato da Gesù Bambino al ragazzo. Il padre era piuttosto maldestro e il drone è finito nel bosco, per fortuna recuperato, anche per via dei costi elevati. Ho pensato ai nostri 'droni' di ragazzi degli anni Cinquanta-Sessanta: si chiamavano missili Tor, si lanciavano verso l'alto con una fionda e, nel ricadere a terra, aprivano il paracadute. Se lo aprivano, perché bisognava piegare bene il paracadute, altrimenti si apriva in fase di decollo o non si apriva per niente, causando la rottura del fragile missile di plastica dura. Con pianti al seguito.

mercoledì 26 dicembre 2018

Kingsley the king



Kingsley Elliot Kaye
Pianista e compositore, nato a Manchester nel 1966, ha iniziato a suonare il pianoforte all’età di cinque anni. Ha completato gli studi classici in Italia, ottenendo il diploma in pianoforte nel 1988 presso il Conservatorio A. Boito di Parma. Nel 1992 si è diplomato in Composizione presso il Conservatorio G. Verdi di Milano, dopo aver studiato con il compositore Alessandro Solbiati e Gabriele Manca. Dal 1989 al 1994 frequenta Piano Master Corsi a Lugano detenuti da Nora Mendez Doallo, nel 1992 e nel 1993 è stato a Siena frequentando Film Corsi di Musica presso l’Accademia Chigiana. Dal 1989 al 1994 ha frequentato i corsi master di piano tenuti da Nora Mendez Doallo a Lugano; tra il 1992 e il 1993 è stato a Siena, dove ha partecipato ai corsi per musica da film tenuti da Ennio Morricone all’accademia Chigiana. Qui ha ricevuto due premi Colonna Sonora. Oltre agli studi musicali Kingsley Elliot ha compiuto anche quelli universitari, arrivando ad avere due lauree, in Legge e in Lettere Classiche, entrambe conseguite all’università di Milano. Ha lavorato nel mondo del cinema, realizzando colonne sonore per molti cortometraggi, tra cui “Figure di passaggio”, premiato al festival dei corti di Bologna (1996) e “L’ospite”, di A. Soetje con la partecipazione di Moni Ovadia (1996). Nel 2000 ha composto la colonna sonora del film “Passaggio a vuoto”, di Domenico Ciolfi. Kingsley Elliot ha composto anche musica per il teatro: nel 1996 ha creato il musical “Un soffio di magia”, insieme a Fabio Corradi e Fabio Riganti. Nel 2006 ha scritto la musica per la rappresentazione “Di lunedì”, di Elisabetta Ferrari.

Recentemente un noto personaggio varesino (noti non significa di per sè essere di valore, di talento) ha affermato che se non fosse per lui e suo fratello, Varese a livello culturale sarebbe sconosciuta in Italia. Affermazione da brividi, che si giudica da sè e non abbisogna di commento. Ebbene, sopra ho descritto il profilo di uno dei tanti varesini (di nascita o di adozione) che magari sono meno noti del personaggio sopra citato (dico magari) ma che indiscutibilmente sono di valore, e dei quali la nostra città si dovrebbe vantare. 



La banchèta dul tramùnt

                                                                                                ph carlozanzi



La banchèta dul tramunt
di carlozanzi



Gh’è ‘na panca da prea pasà la Setima,
la gran Capela du la flagelaziùn,
a l’è la me banchèta dul tramunt,
ma seti giò, par mi gh’è pü nissün.

Vo lì quand cal fa frecc e tira vent,
cunt l’aria fina i niul in partì;
vo lì par imparà ma sa fa cito,
parché ma piass sentì sa diss ul dì;

ul dì quand l’è vegnüü ‘l mument da nà,
quand gh’è pü temp par dì: ‘Sa vedarà’.
E ‘l dì al sa fa ross par la vargogna
di robb trasà, dul ben dismentegà.

Ma l’è bell chel culur dra verità,
föögh frecc, fiama pizava pasà ‘l lagh.
E quand ul su l’è naj ma vegn da dì:
‘Sa l’è inscì bel murì, vörì murì.’

Ma ‘n boff da vent gerà pizìga i oss:
‘Vegn nott, vegètt, camina cal fa frècc.’
Inscì, mia tant persuas, ma drizi in pè,
disi ‘n patèr e turni al me mistè.

Intant ul su l’è mòrt dumà par mi,
la so crapa pelada sbusa ‘l mar,
la nott l’è bela e prunta par murì,
dasi dasi sa pìza n’altar dì.

2012


La panchina del tramonto

C’è una panca di pietra passata la Settima,
la grande Cappella della flagellazione,
è la mia panchina del tramonto,
mi siedo, per me non c’è più nessuno.

Vado lì quando fa freddo e tira vento,
con l’aria pura le nuvole sono partite;
vado lì per imparare come si fa silenzio,
perché mi piace sentire cosa dice il giorno;

il giorno quando è venuto il momento di andare,
quando non c’è più tempo per dire: “Si vedrà.”
E il giorno si fa rosso per la vergogna
delle cose sciupate, del bene dimenticato.

Ma è bello quel colore della verità,
fuoco freddo, fiamma accesa al di là del lago.
E quando il sole se n’è andato mi viene da dire:
“Se è così bello morire, voglio morire.”

Ma un soffio di vento gelato pizzica le ossa:
“Arriva la notte, vecchietto, cammina che fa freddo.”
Così, non tanto convinto, mi metto in piedi,
dico un padre nostro e torno al mio lavoro.

Intanto il sole è morto solo per me,
la sua testa pelata buca il mare,
la notte è pronta per morire,

adagio adagio si accende un altro giorno.

Coro in Paradiso

                                                                                             ph ezio ermoli

Tradizionale concerto di Santo Stefano al Forte d'Orino del Coro Val Tinella, che stamani ha cantato le glorie del Creato, dando voce alla natura, in questo caso più che benigna, con il Monte Rosa a fare da spettatore silenzioso. 

L'uomo della pietra




Così ho immaginato la morte di Stefano, primo martire cristiano.



L’uomo della pietra
di carlozanzi

Con gesto sacrilego, un uomo si giudicò senza peccato e raccolse una pietra da terra. Ne valutò il peso, la grandezza, la ributtò nella polvere e ne cercò un’altra, più adatta, meno leggera, più spigolosa. Era nervoso, non aveva dormito bene, voleva far pagare a qualcuno la sua delusione: quel giovane poteva andar bene. Si era unito al gruppo, spinto alla temerarietà dalla piccola massa che, a cerchio, osservava Stefano, accusandolo di possedere una fede nuova.
Il giovane, bello, dai lunghi capelli, si era alzato dal letto felice di essere idealista. Ma già alle prime minacce aveva pensato: ‘Perché mai dovrei rischiare la vita?’ La sua fedeltà al figlio divino di Maria e di Giuseppe era meno salda del legaccio dei suoi sandali. In principio aveva resistito alle prime domande (‘Davvero ci credi? Credi a quell’uomo di stracci? Finito inchiodato alla croce?), con tanti sì sì ci credo, è Lui il Messia, ma alle prime minacce di morte un’ansia di vita, che si chiama paura, gli aveva annebbiato la convinzione.
E la folla cresceva, il terrore lo invadeva e davvero era sul punto di gridare: “Fermatevi, avete ragione, ho troppa paura, non sono capace di morire per Lui” ma inciampò, nell’attimo esatto di quel gesto sacrilego, la pretese di un uomo che scaglia una pietra, giudicandosi senza peccato, abilitato a condannare.
Quella prima pietra, lanciata nell’aria da una mano pavida e molle, non avrebbe colpito il ragazzo, perché quell’imbecille nemmeno possedeva una buona mira. Lo avrebbe sfiorato e chissà, completando la sua traiettoria, sarebbe finita sui piedi di un altro piccolo uomo, pronto con una pietra in mano. Ma Stefano, col cuore al galoppo, inciampò e allungò le braccia verso la polvere, per attutire la caduta sui sassi dell’Asia Minore. Inclinato in avanti, fu lui a cercare la pietra, ad andargli incontro. Il sasso trovò nel suo volo la tempia destra di Stefano. Perché non la spalla? Il fianco? Un ginocchio? Perché proprio la tempia, così delicata, così mortale? Stefano non sarebbe morto all’istante, solo ferito, si sarebbe rialzato, avrebbe chiesto scusa a quei mentecatti, avrebbe tradito il suo Dio ma conservato la vita, così preziosa, così degna d’essere amata. Perché proprio su quel lato debole dell’uomo?
Certe domande bisognerebbe rivolgerle a Dio, pur sapendo che non risponderà. Ma Stefano ebbe solo il tempo di morire da martire.
Vedendolo disteso e muto, immobile e convinto, i non cristiani che lo accerchiavano si sentirono in diritto (qualcuno persino in dovere) di lanciare altre pietre. Ma Stefano, bello e infelice, era già morto.
Questi i fatti del protomartirio.
Dirò solo, come epilogo, che quella prima pietra mortale fu lanciata da un uomo così miserabile da aver accumulato, nei suoi cinquant’anni, non saggezza ma rabbia, non comprensione ma invidia. Ma c’è un riscatto per tutti e Dio certo avrà visto la scena (forse l’avrà favorita), avrà notato che l’uomo della pietra si scollò subito dalla massa, non restò a contemplare in un delirio fanatico le conseguenze di quel lancio; tornò a casa di corsa, abbracciò la moglie, pianse e disse più volte: “Mi devi perdonare, mi devi perdonare, almeno tu che mi ami.”



                                                                         










Nozze


Felice anniversario di nozze ai miei amici Daniela e Sauro.

Auguri sparsi


Dato che oggi, Santo Stefano, il mio amico Stefano Maffia (sto alla sua destra nel Coro Vidoletti) festeggia compleanno e onomastico, merita il primo posto nella foto, poi auguri al mio amico Stefano detto Pillo per il suo onomastico, e infine buon compleanno al mio amico Leo.

martedì 25 dicembre 2018

I miei regali di Natale

                                                                                         ph valentina zanzi

I miei regali di Natale

OJM Varese-Cantù: 89-71

                                                                                     ph carlozanzi

Anziché giocare a tombola in famiglia o farsi la pennica dopo il lauto pranzo natalizio, non pochi varesini hanno affollato alle 17 l'Enerxenia Arena, per godersi il derby Varese-Cantù di basket, pungolati anche dal buon momento dei biancorossi, quasi vincitori a Milano. E hanno fatto tombola, perché la OJM ha dato prova di meritarsi tanto affetto. Si inizia con alte percentuali, segnano di qua e di là, c'è equilibrio ma Varese opera un primo distacco sul 19-12...e poi comincia lo Scrubb show (foto), che segna 18 punti in un solo quarto e permette a Varese di andarsene: 37-18 dopo il primo quarto. Nel secondo quarto Cantù dimostra di voler difendere almeno l'onore e si avvicina: 41-28. Avramovic non brilla, Iannuzzi pasticcia, ma Scrubb tiene la mano calda e restiamo avanti 54-37 a metà gara. La curva, con eccessivo anticipo, comincia coi cori di giubilo e "Serie B serie B", con poca galanteria verso i canturini. Vi è da dire che Caja fa conto soprattutto sul quintetto. Il neoacquisto Jean Salumu si vede poco, non lascia il segno nella partita, la sua prima a Masnago, Avra non è al top, alcune palle perse e Cantù ci crede, si avvicina a dieci punti (55-45) e allora si fa di nuovo vivo Scrubb e poi si sveglia Aleksa Avra che comincia la sua danza, sicché restiamo avanti bene: 72-54. Cantù è rispedita al mittente. L'ultimo quarto inizia con una tripla di Avramovic, Scrubb che ha giocato tutta la partita è stanchino, finirà con 27 punti, 4 rimbalzi e oltre trenta di valutazione e allora ecco il lampo finale di Moore, una tripla tripla in rapida successione, bum-bum-bum, Cantù è rasa al suolo e tornano i cori estatici della curva e di tutti gli altri. Finisce 89-71. Che dire? Molto molto molto bene. La OJM ha per la verità una panchina un po' corta, Ferrero non è entrato, ma con un quintetto così! Avanti verso le final eight di Coppa Italia!
Forza Varese!

lunedì 24 dicembre 2018

Auguri, Paolo



Felice compleanno al mio amico Paolo (il più 'anziano' nella foto).

Vento contro alberi


Questo ventaccio su Varese, che non è per niente romantico, sta facendo danni. Alle 14.30 in via Vico, a Sant'Ambrogio, è caduta un'araucaria molto robusta (molto più di quella in foto),  piegando la recinzione metallica, bloccando la via e finendo sopra un'auto, per fortuna senza ferire nessuno! Più o meno nello stesso istante a Casbeno, zona vecchia, un altro albero secolare è caduto, tranciando una via laterale...anche qui mi pare senza danno a persone, ma a cose sì. E questo è solo quello che ho visto io. I Vigili del Fuoco sono impegnatissimi, tanto che in via Vico, due ore dopo la caduta, nessuno era ancora intervenuto. 

Pezzetti di dolore



E' dalla vigilia di Natale del 2006 che, alle 8 del mattino, nella chiesa parrocchiale di Biumo Inferiore, si celebra una Messa, tanta gente si riunisce in preghiera per ricordare il giovane Fabio Aletti. Questa mattina si è rinnovata la celebrazione, a 13 anni dalla morte di Fabio. Poi i genitori Emanuela e Attilio hanno invitato i presenti in oratorio, per gli auguri natalizi. 
Perdere un figlio è uno scandalo che non trova risposta né consolazione. Però la presenza di tanta gente può aiutare. Non è che gli amici possano assumersi il dolore di un altro, ne possono prendere un pezzetto piccolissimo...tanti amici, tanti pezzettini...e si va avanti. 

Notte di Natale


Notte di Natale
di carlozanzi

Entro nella pancia della notte di Natale con il malinconico piacere del vittimismo. Sono da poco passate le ventitré del ventiquattro dicembre. Ho da poco ultimato di consegnare gli ultimi pacchetti: tortellini, ravioli, pasta al forno, cannelloni. Il Ciao verdemarcio è in garage. Ho addosso il profumo, infine nauseante, dopo molte ore, del Pastificio Bolognese di piazza della Repubblica. Ho salutato il maestro, il Peppino, la Luciana e quel tipo alto e secco, che tiene i conti con l’orologio di quanto sto al cesso e se sgarro mi dice: “La merda si va a farla quando è matura.” Non è che sia un mostro di simpatia ‘sto tizio, ma alla fine c’è di peggio.
Cammino nella notte verso casa. Taglio in diagonale piazza Repubblica, alla mia sinistra il mercato vecchio, i negozietti, il bar Firenze. Fa freddo. Mi fascio nel cappotto, mi stringo addosso il suo calore, ora vorrei piangere. E così il vittimismo corre col mio giovane sangue. Credo c’entri il fatto che all’inizio il Natale è magia, è la festa più desiderabile, è il miracolo possibile e poi un giorno si scopre che il Bambin Gesù è solo tuo padre, la Madonna tua madre. Si rimane male. Ci si sente vittime di un tradimento. Si cresce, certo, si dimentica e si scoprono altre gioie ma la ferita rimane. Per questo cammino nella santa notte ma non sono felice. Un po’ di zucchero in verità lo gusto, perché mi hanno tradito, la colpa è loro, non mia, sono innocente, me l’hanno fatta, è giusto che mi stringa nel cappotto e nella mia malinconia, che mi fa star bene. Cammino lento, so che ad attendermi a casa non ci sarà nessun Re dell’Universo che reca doni, in fondo sono triste anche perché ho dovuto lavorare (io, ancora giovane studente delle medie) sin quasi al colmo della notte per guadagnare qualche soldo, indispensabile per regali alla mia portata. Perché i miei fanno regali, certo, ma so già che non arriveranno ai miei desideri. Non li completeranno. Così ci metto del mio, mi compro ciò che voglio però non è giusto, sono ancora uno studente, fare lo studente lavoratore pesa, soprattutto la notte di Natale, quando si vorrebbe precipitare nel magico sonno che non dorme, e vegli sino al mattino, quando ci daranno il permesso di alzarci e di continuare a sognare: che si può essere felici.
Cammino verso casa, nella notte di Natale. Non c’è gran traffico, la Messa della mezzanotte è ancora lontana, molti siedono a tavola per il cenone della vigilia, a casa mia niente cena speciale, i miei staranno già dormendo, o forse li sorprenderò nel goffo tentativo di riproporre un segreto ormai svelato. Forse ci sarà la porta chiusa con il cartellino: ‘Non si entra in sala’.
Ma alla fine che voglio? Magari non regali ma un abbraccio, due abbracci e tanti baci, mamma e papà che mi accolgono, si complimentano “Sei un ometto!”, mi spianano la rivoltina, mi baciano sulla fronte. O forse non mi sta bene nemmeno così, perché non potrei più cuocere a fuoco lento in questo senso di dolce abbandono nella commiserazione, nella contemplazione di una vita ingiusta, inadatta a come sono fatto io.
Cammino nella complicazione dell’esistere aumentando il passo, fa freddo, vorrei scaldarmi, la mia abitazione non arriva mai, ora desidero solo dormire. Un mendicante cammina strascicato, sta andando verso un vagone alla stazione delle Ferrovie Nord Milano, lì passerà la notte di Natale. Non mi fa pena. Mi fa paura. Aumento la frequenza della camminata. Corro. Il mio appartamento modesto ma riscaldato mi accoglierà. E forse, domattina, al mio risveglio dimenticherò di essere a metà strada, né bambino né uomo. E i miei diranno: “Alzati, piccolo, Gesù Bambino non si è scordato di te.”  

Calicantus




Calicantus
di carlozanzi


Giaculatòri da pass
sùra la gropa dul mött
d’ra Madòna dul Munt.

Fregüj da fiòca
e pass cüsì insema
cuntra ‘l ciel da calcìna.

In dul frècc, nissün:
frignà da scurbàtt,
buià da can
e la fiòca, tic toc,
sùra föj secch e ramm scür.

La santèla d’Urùnc,
sentée da giazz
a stücà i crepp,
rüg prufùnd d’ra rizzàva.

Rampèga la strava,
‘na capèla drèe l’altra,
rusàri mes’cià cunt ul bufà
sübit vapùur.

Remigà d’uraziùn
e ‘n calicantus:
prufümm, dumà saür,
vena da föögh nel cöör giazà,
sàbat da primavera,
Natàl da lüüs.


Natale 1999









Calicantus

Giaculatorie di passi
sopra la groppa della collina
della Madonna del Monte.

Briciole di neve
e passi cuciti insieme
contro il cielo di calcina.

Nel freddo, nessuno:
frignare di corvi,
abbaiare di cani
e la neve, tic toc,
sopra foglie secche e rami scuri.

La cappelletta di Oronco,
sentiero di ghiaccio
a stuccare le crepe,
rughe profonde della rizzada.

Arrampica la strada,
una cappella dietro l’altra,
rosario mischiato con il soffiare
subito vapore.

Borbottare di orazioni
e un calicantus:
profumo, solo sapore,
vena di fuoco nel cuore ghiacciato,
sabato di primavera,
Natale di luce.



domenica 23 dicembre 2018

Elemosina


Si arriva in centro. Oltre allo stress dei regali c'è anche quello dei mendicanti che, per Natale, aumentano. Ma in fondo ci forniscono anche un alibi: sono troppi, non posso accontentarli tutti, quindi per non far torto non ne accontento nessuno. Che poi con pochi centesimi cosa vogliamo accontentare! Comunque....Ho fatto un proposito  natalizio: non posso impedire che mi nascono certi pensieri (Perché sono qui a disturbare la mia quiete? Perché non cercano un lavoro?...) ma posso almeno placare la mia scarsa umanità e dare un euro almeno ad una mano allungata. Senza però mettermi il cuore in pace. Mai tenere il cuore troppo nella bambagia.  

Presepi in piàza





Presepi in piàza
di carlozanzi

Camini svelt, fa frecc, l’è nott in piaza,
ul campanùn al tass, vöia  da le,
vöia da vin brulè dent la me taza,
muresìn cald e dulz du la me mièe.

Un puarètt sura na panca l’è lì al giazz,
al runfa,  l’è cunscià e l’sa da grapa.
Ga pensi ‘n quai mumènt, via, tira là,
l’amùur l’è dumà fiàa du la me lapa.

Da dre da mi sa ferma ‘n umetìn,
vöri vidè sal fa e stò li quiètt.
G’ha in cò ‘n bel baretìn, finiss al vècc,
tra föra ‘l so paltò, i so calzètt.

Ul poar omm g’ha i pèe biott, mo g’ha i calzètt,
cuèrta da paltò e baretìn;
pö che l’omm, me ‘n asnin, a quatar zamp,
bòfa ‘l fiaa sura la facia dul vegètt.

Pödi mia cred e scapi par vargogna
e rabia e vuraria tant ringraziàl.
Ma disèdi, l’è ‘n sögn… disevi mi,
tropp bun par la matina da Natàl.

21 novembre 2012




Presepe in piazza

Cammino svelto, fa freddo, è notte in piazza,
tace il campanone, voglia di lei,
voglia di vin brulè dentro la mia tazza,
del morbido caldo e dolce di mia moglie.

Un poveretto sopra una panca è lì al ghiaccio,
russa, è malmesso e sa di grappa.
Ci penso qualche istante, via, tira in là,
l’amore è solo fiato delle mie chiacchiere.

Dietro di me si ferma un omettino,
voglio vedere cosa fa e sto lì quieto.
Ha in testa un bel cappellino, finisce al vecchio,
tira fuori il suo cappotto, le sue calze.

Il pover’uomo ha i piedi nudi, adesso ha le calze,
coperta di cappotto e cappellino;
poi quell’uomo, come un asinello, a quattro zampe,
soffia il fiato sul viso del vecchietto.

Non posso crederci e scappo per la vergogna
e la rabbia e vorrei tanto ringraziarlo.
Mi sveglio, è un sogno…lo dicevo,
troppo buono per la mattina di Natale.